“La Biturbo fu un'autovettura prodotta dalla Maserati tra il 1982 ed il 1996. Voluta da un noto costruttore automobilistico perennemente sull’orlo d’una crisi di nervi e della bancarotta, il quale - credendo di fare il colpo grosso - nel 1976 s’era fatto rifilare dalla Citroën la Casa del Tridente, la Biturbo avrebbe dovuto essere il modello dei grandi numeri grazie al prezzo competitivo (poco più di 22 milioni di Lire al lancio), tanto che ne fu prevista una produzione d’almeno 5 mila esemplari l'anno.
L'obbiettivo - dopo l'iniziale entusiasmo di clienti facoltosi ma dediti ad alcol e droghe pesanti - non fu mai raggiunto in quanto si manifestò qualche problema d’affidabilità (ci furono casi di Biturbo che presero fuoco... eeeh vabbè, che sarà mai?) provocato dalla superficiale progettazione della vettura: infatti il costruttore intendeva accelerare i tempi di presentazione del modello in Nordamerica ed evitare così pesanti punizioni da parte d’un reggimento di “cravattari” che lo attendevano sotto casa (ormai in cassa aveva 1260 Lire, tre bottoni di madreperla e un’immaginetta di santa Brigida). La situazione fu aggravata dalla ladronesca politica commerciale (poche settimane dopo il lancio il prezzo fu portato di colpo a oltre 26 milioni di Lire, e allora il prezzo non era riferito al momento della prenotazione ma a quello della consegna), per cui un raffreddamento degli entusiasmi fu inevitabile. Come non bastasse, le finiture - molto appariscenti - si rivelarono una ca**ata pazzesca.
Caratterizzata da una classica linea coupé a 3 volumi e da una impostazione tecnica tradizionale (motore anteriore longitudinale, trazione posteriore, sospensioni anteriori a ruote indipendenti, retrotreno a bracci oscillanti e impianto frenante con dischi davanti e dietro), la "Biturbo" venne lanciata nel 1982. Il motore, un V6 con 2 alberi a camme in testa e alimentazione a carburatori derivava da quello della Merak, da cui differiva per il numero di valvole (3 per cilindro anziché 2... Che pitoccheria! I 3 valvole per cilindro sono i tipici propulsori “vorrei ma non posso”) e per il raffinato sistema di sovralimentazione composto da 2 turbocompressori (uno per bancata); tale scelta fu suggerita dal seguente ragionamento: se se ne scassa uno, rimane sempre l’altro... peccato che si scassassero in sequenza tutti e due con conseguente falò, come riportato sopra. La cilindrata era di 2491cc per i mercati esteri e 1996cc per l'Italia (dove c'era l'Iva pesante per le cilindrate oltre i 2 litri), ma la potenza rimaneva abbastanza simile: 192cv per le 2500 e 182cv per le 2000.
Per far fronte alla produzione prevista (35 esemplari al giorno) solo motore e sospensioni venivano assemblate alla Maserati di Modena; il resto della vettura era prodotto alla Innocenti di Milano Lambrate (e questo spiega molte cose). Nel 1984 venne presentata la Biturbo S, con motore 2 litri potenziato grazie all'adozione di un intercooler - pronuncia in[ter]culer - che permetteva d’aumentare la pressione dei turbocompressori e ridurre la durata dei medesimi; la vettura era caratterizzata da interni con finiture diverse (tessuto pseudo Missoni prodotto in Bangladesh, diversa strumentazione, ecc.) e livrea più sportiva (mascherina a nido d'ape nera, cornici dei vetri brunite, cerchi fucinati, prese d'aria sul cofano motore, alettone posteriore, paraurti e fascioni laterali neri con minigonne, in pratica un’imitazione molto più dispendiosa della famigerata 127 Sport). Dopo vari restyling e la presentazione d’altri modelli e altre motorizzazioni (che tuttavia non riuscirono a tirare la Maserati fuori dal pozzo nero in cui era precipitata) il costruttore rammentò d’essere stato abile venditore ambulante di pitali in ferro smaltato presso le popolazioni della Pampa, professione esercitata quando ancora operava nella natia Argentina (ci fosse rimasto!), tanto abile che nel 1989 la Maserati fu appioppata a Mamma Fiat, la quale dovette ricorrere ai tradizionali “amici degli amici” per ottenere i non meno tradizionali finanziamenti pubblici con cui far fronte alla conseguente crisi.
Oggigiorno, sebbene non siano restati in circolazione molti esemplari di Biturbo (in quanto i pochi esemplari salvatisi dall’autocombustione furono arsi vivi dagli esasperati possessori durante sabba notturni a base d’amfetamine), la loro quotazione è molto bassa, arrivando a toccare punte minime di 1000 euro per un esemplare "vissuto" (più giusto sarebbe chiamarlo “miracolato”). Ciò è dovuto alle eccessive spese di consumi-manutenzione (media di 6 km/l di carburante), nonché della difficoltà d’approvvigionamento dei ricambi, sempre molto costosi, e non ultimo dal fatto che le linee squadrate fanno della Biturbo un modello ormai superato ed obsoleto... praticamente un cesso d’epoca.”
Recensione inviata da Luciano De Dionigi di Padova
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