AUSTIN MAXI ..by Luciano De Dionigi

AUSTIN MAXI
LE VOSTRE RECENSIONI “A metà anni 60 l'unico modello Austin a trazione posteriore era l'“A60 Cambridge” (della quale si bisbiglia che fosse solo una vettura-ectoplasma, allora molto in voga tra i fantasmi che infestano il sinistro maniero di Urquarth sul Loch Ness) e si ritenne opportuno realizzare una nuova entità che ne prendesse il posto. Il progetto fu l'ultimo elaborato da sir Alec Issigonis il quale, dopo numerose sedute spiritiche in cui evocò persino lo spirito d’un avo, il temuto corsaro saraceno Yxigon soprannominato “lo Scorticatore di Smirne”, riuscì finalmente a trovare la dritta giusta (o almeno tale fu ritenuta). Conseguenza di quelle pratiche esoteriche fu la materializzazione d’uno strano ectoplasma, accompagnata da aroma di cacca bovina degli alti pascoli scozzesi; su tale indefinibile entità Issigonis e la British Motor Corporation (trasformatasi poi in British Leyland nel 1968, senza peraltro riuscire a evitare la triste sorte che l’attendeva) concentrarono i loro sforzi riuscendo infine a evacuare qualcosa, non senza largo uso d’enteroclismi a base di Veedol Motor Oil.
Dopo la scomparsa, Issigonis fu evocato dai collaboratori per le successive modifiche: generosamente non si ritirò nel suo avello ma prese parte, in altra veste (sudario), a ulteriori sedute spiritiche, dopo avere battuto il rituale colpo.
Per la vettura, dotata di caratteristiche tecniche all'avanguardia (trazione anteriore, ruote indipendenti con sistema di sospensioni Hydrolastic - considerato una delle più atroci torture e collaudato nelle segrete d’un castello appartenuto a Maria la Sanguinaria - e impianto frenante misto con servofreno a esorcismo) vennero realizzati nella valle di Giosafat un nuovo motore ed un nuovo cambio manuale a 5 rapporti. Nonostante il pianale inedito, l'incomprensibile scelta d’utilizzare le porte e la parte centrale della carrozzeria della “Landcrab 1800” (altra vettura-ectoplasma che s’aggira, pare, tra i merli della Torre di Londra terrorizzando i guardiani del tesoro reale), condizionò pesantemente il design.
La nuova berlina Austin, presentata nel 1969, era un’emetica via di mezzo tra una fastback (che minchia è?) a 5 porte e una station wagon, insomma uno dei tanti cessi sfornati dalle industrie automobilistiche d’oltre Manica prima della loro meritata estinzione. Oggi la si definirebbe una crossover (ecco appunto, a proposito di cessi). Grazie all'inconsueta forma era, però, spaziosa e sfruttabile (tutti i sedili potevano essere ribaltati fino a formare un raffinato catafalco). Per sottolineare la spaziosità e la duttilità del modello (anche in contrappunto alla Mini) venne scelto il nome Maxi. Spinta da un nuovo 4 cilindri monoalbero in testa di 1485 cc alimentato a carburatore (da 75cv), la Maxi non ottenne il successo sperato a causa della linea poco piacevole e d’alcuni problemi legati al cambio, azionato da un sistema di fasce che col tempo s’usuravano e si spezzavano (come al solito le auto inglesi montavano sempre qualche dispositivo appositamente ideato per la gioia degli autoriparatori). Inoltre, in caso di pioggia, gli alloggiamenti dei pedali si riempivano d’acqua (un optional molto originale: da allora nessuno ha più pensato all’auto-pediluvio, merita una rivisitazione) e la ruggine aggrediva le solette, gli archi delle ruote, il pavimento, gli sportelli e le catene del fantasma di Barbanera il pirata, il quale, profittando dell’invisibilità, viaggiava sempre a scrocco.
Nel 1970, contemporaneamente ad alcune modifiche ai leveraggi del cambio, la Maxi 1500 venne affiancata dalla versione 1750, con cilindrata portata a 1748 cc e potenza massima di 80 cv. La Maxi 1750 era riconoscibile per i profili laterali neri - che la rendevano ideale per le famiglie in lutto stretto - e la griglia della mascherina anteriore, leggermente ritoccata e accessoriata, a richiesta, con porta lumini da colombario al posto dei fendinebbia. Nel 1972 venne lanciata la 1750 HL, con alimentazione a 2 carburatori (91 cv) e allestimento più ricco (plancia con finitura simil legno da feretro, tetto rivestito in vinile viola stile messa in suffragio, profili laterali cromati rivestiti in gomma nera (e te pareva!), pavimento in imbottitura per bare anziché in gomma. Nel 1974 la lista degli optional s'arricchì d’un sofisticato cambio automatico (una sola marcia, quella funebre), mentre nel 1976 il sistema Hydrolastic venne aggiornato come sull'Allegro, diventando Hydragas (tortura ancor più disumana: il gas era Zyklon-B, prelevato a guerra finita dal magazzino di Auschwitz-Birkenau).
Dei modelli successivi non si sa molto, ma pare abbiano incontrato discreto successo presso impresari di pompe funebri, incaricati d’eseguire sentenze capitali, ex funzionari di lager e gulag, il direttore di Cernobyl, nonché illustri personaggi quali Saddam, Ceausescu, Osama Bin-Laden, Pol Pot, Karadzic, etc. Magari sembra che ce l'abbia sempre su con le vetture anglosasssoni, ma (porca putt....) bisogna anche dire che gli inglesi sono andati a cercarsela.”

Recensione inviata da Luciano De Dionigi di Padova

 VOTA LA AUSTIN MAXI

QUESTO ARTICOLO FA’ PARTE DELLA SEZIONE LE VOSTRE RECENSIONI E CI E’ STATO INVIATO DA UN LETTORE DI AUTOdiMERDA. CONTRIBUISCI A MIGLIORARLO VOMITANDO SUL MONITOR.