CHEVROLET CORVAIR 1961 ..by L. De Dionigi

CHEVROLET CORVAIR
LE VOSTRE RECENSIONI“Prima "compact" nonché unica berlina statunitense a motore posteriore: pare fosse molto gradevole da usare a motore spento e facendo "bruum-bruum" con le labbra; meno gradevole (sono sempre i soliti incontentabili a parlare) era viaggiarci.
Qualcuno definì la vettura "unsafe at any speed = insicura a ogni velocità" ma probabilmente esagerava. Infatti, alla velocità di 10 mph, su strada rettilinea, perfettamente rullata e senza vento laterale un esperto pilota le scodate riusciva a controllarle, qualche volta.
La vettura  inaugurò la cosiddetta linea "a saponetta" forse perché il suo designer - di probabile ascendenza scozzese - per evitare sprechi appiccicò una saponetta consumata su una nuova e, osservando il risultato, si chiese "Why not?" Comunque il risultato non fu male: in effetti la Corvair aveva una linea filante e innovativa; il guaio è che, successivamente, altri designer tentarono d'imitarla con risultati inqualificabili (vedere alla voce NSU Prinz). Probabilmente i dirigenti Chevrolet dell'epoca ebbero l'idea di realizzare una sorta di "Maggiolino" adattato ai gusti americani. Infatti il motore era un boxer (a 6 anziché 4 cilindri) raffreddato ad aria; purtroppo però il risultato fu che  la Corvair se la cagarono tra pochi temerari, mentre il Maggiolino, giusto in quegli anni, cominciò a diventare molto trendy tra i giovani yankees.
Una chicca: il piantone dello sterzo era un unico pezzo, per cui, in caso d'urto frontale arretrava nell'abitacolo infilzando lo sventurato guidatore meglio di D'Artagnan. Altra chicca: per il riscaldamento dell'abitacolo la Chevrolet non trovò di meglio che munire la vettura d'un bruciatore a benzina sistemato nel cofano/portabagagli anteriore, motivo per cui, sempre in caso d'urto frontale, se il guidatore rischiava d'essere trafitto, gli altri occupanti rischiavano di finire arrosto.
Chicca finale: pare che, spesso, i gas combusti trafilassero nell'abitacolo.
In conclusione si potrebbe definire il modello ideale per un suicidio, individuale o di gruppo.”

Recensione inviata da Luciano De Dionigi di Padova

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