HUDSON ITALIA

hudson italia
usa “Io credo nell'America. L'America fece la mia fortuna. E io crescivo la mia machina comu una figghia, e ci detti libertà, ma ci insegnave puro a non disonorare la famiglia. Idda tornava a casa tardi e io non protestavo. Due mesi fa fu tamponata da n’autra machina, lei resistette, l'onore lo mantenne. Ma quann'arrivai n'officina faceva paura. A marmitta era rutta. L'aveano cosuta cu' file e ferro. Nemmeno muoversi poteva tanto era o' male. E io chiangeve, povera machina mia. E chidd’autra bastarda, una Hudson Italia era, nulla si fece. Allora dissi a mia moglie, per la giustizia, dobbiamo andare da Don AUTOdiMERDA.”
La Hudson Italia è stata una “machina” costruita nello paese d’o sole negli anni cinquanta, coupé due porte e una cupola. Prodotta in un numero limitato di esemplari dalla Hudson Motor Car Company di Detroit, Michigan, in collaborazione con l’italiana Carrozzeria TouringLa  Touring era una carrozzeria di Milano, specializzata nella realizzazione di autovetture extra serie per conto di altre case automobilistiche, attiva tra il il 1926 ed il 1966. È nota soprattutto per aver ideato la scocca denominata Superleggera., nel biennio 1954-1955. Dopo i successi dell’innovativo stile “Step-Down”Nel 1948  nacque il design "step-down": l'abitacolo si trovava più sceso all'interno del perimetro del telaio. Il risultato fu non solo di una macchina più sicura per mezzo di un centro di gravità più basso, ma anche maggiore comfort per i passeggeri. creato dal designer Frank Spring da Corleone, il lancio della prima compatta HudsonHUDSON JET Jet non raccolse dal pubblico i consensi sperati (produzione 1953-54) nonostante l’insolito test della tazza da thèStrategia  di marketing per convincere i consumatori che la Jet risparmiasse più carburante delle concorrenti. Venne utilizzato un kit composto da un cilindro di vetro montato all'interno dello sportello del passeggero anteriore collegato a valvole e tubi di gomma diretti all'alimentazione. Una quantità di benzina pari a quella contenuta in una tazza da thè veniva versata nel cilindro per dimostrare quanta strada potesse percorrere la vettura. Tuttavia il test non riscosse mai veri e propri consensi.. I diverbi tra il presidente pugliese della Sacra Corona Hudson, Edward Barit, che voleva una piccola vettura dalla linea del tetto alta in grado di ospitare anche un conducente col cappello a cilindro e il progetto di Spring di una linea più bassa, solo per chi portasse la coppola, s’inaspriscono al punto tale che Spring decide di fare al suo Boss un’offerta che non potrà rifiutare: gli punta una pistola alla testa e gli dice che sul progetto ci sarebbe stata la sua firma oppure il suo cervello, col cappello. Accordato pacificamente lo sviluppo della Jet dal vangelo secondo Spring, che inizialmente si sarebbe dovuta chiamare “U.S.A. e Jet”, non restava che trovare una carrozzeria complice. Questo incarico fu affidato ai mangiaspaghetti della Touring, gente fidata, uomini che non si fanno prendere la mano. L’idea era realizzare una show-car che avesse potuto salvare la Hudson dall’imminente fallimento. La nuova coupé si basava completamente sulla piattaforma e meccanica della Jet di serie, differenziandosi per la carrozzeria in alluminio più bassa di 23cm. che adottava il collaudato abitacolo Step-Down, il parabrezza avvolgente e le portiere, dette “portelli di aereo” anti-craniata, che facilitavano sia l'ingresso che l'uscita grazie ad un taglio ricavato nel tetto della grandezza di 35,6 cm: la coppola era salva. Il motore era l'Hudson da 3,3 L sei cilindri doppio carburatore, la trasmissione manuale a tre marce con leva del cambio a colonna e i freni posteriori e anteriori a tamburo 6 fori e una pallottola: la frenata era sicura come una roulette russa. Sopra i fari anteriori erano state realizzate delle prese d'aria i cui condotti avrebbero dovuto raffreddare i freni anteriori, ma in realtà facevano fuoriuscire la canna di una lupara pronta a sparare. Posteriormente la situazione non era più confortante, tre altre canne cromate di rivoltella sporgevano dalla carrozzeria, camuffate da luci di segnalazione. L'abitacolo aveva un fiammeggiante tappeto rosso di produzione italiana che ben si mimetizzava con eventuali spargimenti di sangue, i sedili non erano da meno, in pelle umana di colore rosso in tonalità trasfusione. La carrozzeria, l’unica disponibile, era in Italian Cream, comunque, la crème della crème. Sul paraurti anteriore era presente uno stilema del marchio Hudson capovolto, una grande “V” rovesciata in acciaio sulla quale era sconsigliatissimo sedersi (il triangolo no, non l’avevo considerato... la geometria non è un reato, ma preferisco non essere sverginato...).
La vettura veniva a costare circa 4.350 dollari (oltre 2.600.000 Lire del 1955), nonostante la differenza nel costo del lavoro tra Italia e USA che si registrava allora; lo stipendio medio di un operaio italiano era di circa 40.000 lire. Il nome scelto fu Italia e quando quel zuzzurellone di Spring la vide, chiese alla Touring se l’avesse fatta Garibaldi. Nessuno si mise a ridere, in compenso gli sfondarono la nuca con una chiave da 36.
Alla fine però, neanche la nuova coupé riuscì a risollevare le sorti dell’azienda che poco dopo dovette fondersi con la Nash per dare vita alla American Motors Corporation (AMC). In scarsi due anni furono realizzate 26 Italia di cui 21 tutt’oggi ancora esistenti, ma non per molto. Se capitasse loro un incidente sarebbe un vero peccato... u capisti ah?


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”Vendo Hudson Italia 1 all’asta: è rimasta appesa. Fammi un’offerta che non potrò rifiutare e questo pezzo di storia sarà tuo. Se qualcosa va storto noi non ci siamo mai visti, porta i soldi e non fare scherzi...”



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