“Questo sconcertante uovo di metallo e vetraglia fu il dolorosissimo parto di un francese, un homme basato nel presente (con la camicia di forza) , fedele al passato (incatenato al muro), ma con lo sguardo volto al futuro (allo spioncino della cella imbottita). [1]
Era il ‘68, e tutti provavano di tutto, e soprattutto, nuove e vecchie droghe. L' homme in questione, Jean Pierre Ponthieu, detto il Dalì dell'automobile (e già questo spiega un po' di cose), era un patito del cognac con l'uovo crudo, nonché del dilemma dell'uovo di Colombo. Si rinchiuse un giorno nel suo studio di Parigi con una cassa di cognac e un pollaio opportunamente furtato nei dintorni della Citè. Ne riemerse dopo una settimana incredibilmente sporco di cacca di gallina e brandeggiando degli scartafacci. Narrò più tardi [2] che, dopo aver ingurgitato metà cassa di cognac e circa 200 uova crude, era riuscito a far stare un uovo sodo in piedi, infilzandolo crudelmente con degli stuzzicadenti. Da lì l'illuminazione. Era salito sul tavolo da disegno e aveva spiccato un balzo gridando "EUREKA!", schiantando il cranio contro il soffitto. Era rimasto svenuto per due giorni, e in questo periodo di delirio, aveva concepito LA COSA [3]. Svegliatosi, aveva stilato il progetto in meno di due ore, nonostante le schizzate di cacca di gallina.
Ecco qua l'AUTOMODULE. Il coso era dotato di un motore a due tempi da 248 cc, e di trasmissione idraulica. Era dotata di 5 marce : prima, seconda, terza, retromarcia e trottola. Posti due, più uno strapuntino per bebè. Il tutto era stato saggiamente costruito con materiali di recupero. Il motore veniva da una partita di moto rubate, le ruote da un concessionario della Vespa, l'abitacolo finestrato era stata fregato nottetempo da un aereo all' aeroporto di Orly, i sedili dall'ufficio dell'azienda, e la moquette dai bagni di un Night Club a Pigalle. Era indubbiamente innovativa, soprattutto per la strumentazione posta su dei sostegni che ricordavano dei funghetti psichedelici, e per la possibilità dell'auto di alzarsi di mezzo metro sulle zampe, spaventando così gli eventuali vigili. L'unico neo sembra fossero i fari, che essendo basati sul concetto dei faretti delle discoteche, si accendevano e spegnevano al ritmo del motore.
Produsse 10 vetture, pubblicizzandole, chissà perché su riviste tipo "Vogue", "Elle", "Le Mode", "La femme publique" e simili, invece che su organi del settore tipo "Le Automobile", "Le Camioniste" "Le Chauffeur". Comunque, nelle fotografie l'auto era sempre accompagnate da Mannequin dell'epoca, dette "Poca Ciccia e Niente Arrosto". Sembra che il motto pubblicitario fosse "L'auto per le coppie presenti e future!". Alla prima conferenza di presentazione, i giornalisti di settore fecero delle sensate critiche, ad esempio: "Non ci sarà nessuna coppia che vorrà rischiare la pelle di suo figlio mettendolo su uno sgabello del genere" o "Se un'auto per coppie future, dov'è lo spazio per reclinare i sedili?". L'ideatore sferrò il suo colpo di genio, dichiarando che l' AUTOMODULE era in grado di impennarsi (come effettivamente visibile in alcune immagini). La conferenza finì in un generalizzato lancio di oggetti da parte dei presenti verso il nostro homme, che poco educatamente, rispose a sputazzi e sediate. Dopo il tragico evento fu rinchiuso in manicomio per decisione dell' A.C.F. (Automobile Club France), e gli esemplari costruiti dell'AUTOMODULE furono messi al rogo agli Champs-Elysées in un rito purificatorio e scaramantico, con abbondanti libagioni di vino rosso e rutti liberatori.
È probabilmente una leggenda, ma si narra di un discepolo, il quale riuscì a salvare dall'olocausto l'undicesimo esemplare dell' AUTOMODULE nascondendolo in una cantina, dalla quale lo spostava solo di notte, producendosi in terrificanti scorribande impennate lungo le strade parigine, suscitando il terrore dei nottambuli e dei clochards.
[1] Non scherzo, c'è scritto proprio questo nella pubblicitÃ
[2] Al neuropsichiatra.
[3] Nella caduta aveva travolto due galline , Clo-clo e Minuette. Sono ricordare come le Martiri dell'AUTOMODULE.”
Recensione inviata da Maurizio Scanferla di Milano
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