SIMCA ARIANE ..by Luciano De Dionigi

SIMCA ARIANE
LE VOSTRE RECENSIONI “Antefatto.
Un’estate degli anni 50 il geom. Emerenziano Parolini, impiegato di III livello al catasto di Cinisello Balsamo, stava per recarsi in vacanza a bordo della sua utilitaria quand’ebbe un’idea. “Porca l’oca!” si disse “E’ mai possibile che ogni volta io debba dannarmi l’anima a stipare su questa scatola di sardine moglie, figli, suocera, cane, gatto, canarino più masserizie varie? Perché le fabbriche non costruiscono un bel macchinone grande, comodo, con un bagagliaio da mezzo metro cubo ma con un motore che non beva come un cammello? In fondo a me cosa me ne frega se non corre? Io al massimo faccio i settanta, quello che conta è viaggiare comodi. E poi mica ho da pagare il mutuo io, visto che ho ereditato la canonica dal povero zio prete... Adess’ ghe pensi mì.”
Detto, fatto: il geometra, usando abusivamente il ciclostile dell’ufficio, stampò una specie di circolare in cui esponeva il suo problema e la inviò a varie case automobilistiche. La maggior parte di queste case manco lo cagò ma qualcuna disse “Yes, we can”. Così Mamma Fiat, a inizio anni 60, sfornò la 1500 Lunga (carrozzeria della 1800/2300, motore della 1500 normale); tale vettura, in Italia, fu un tragico flop, allora – tramite Seat – la Fiat l’appioppò agli spagnoli e, in terra iberica, fu molto apprezzata dai tassinari. Addirittura negli anni 70 la Ford (i cui dirigenti d’allora non dovevano essere troppo svelti di comprendonio) sfornò una ciclopica “Granada” motorizzata 1700.
Le vetture di cui sopra meritano attenta considerazione da parte di AdM, ma la prima a gettarsi nell’impresa (poteva essere diversamente?) fu - udite udite - la Simca “Ariane”, una mastodontica bagnarola presentata addirittura nel remoto 1957, con un motore che non raggiungeva i 1300 cc.
Perché, a mio avviso, tale segmento d’auto non incontrò successo? Perché va bene risparmiare, va bene non correre come forsennati, ma quando il rapporto peso/potenza supera determinati limiti perfino certi motorini diventano assetati. Inoltre, anche se non si corre, può sempre essere utile una scorta di ripresa e certi pachidermi invece erano asfittici fin dalla nascita. Del geometra non si seppe più nulla, ma si bisbiglia che si gettò con la sua “Ariane” in un baratro della Val Brembana.

Testimonianza personale.
Un inverno degli anni 60, assieme a un nutrito gruppo d’amici buontemponi, affittai una baita sulle Dolomiti in cui trascorrere le ferie di fine anno. Purtroppo, però, c’era un problema: la “flotta” del gruppo consisteva in una 850 “Special” più due 500, le quali avrebbero dovuto trasportare un imprecisato numero di persone, più sci, racchette, scarponi, calzettoni, mutandoni, un televisore B/N da 35” funzionante a cazzotti, vettovaglie, damigiane di Merlot, eccetera. All’ultimo momento s’era aggregato il possessore d’una 600 in fase terminale, però si trattava d’un incallito petomane e ubriacone per cui la sua vettura fu adibita a esclusivo trasporto merci con grado alcolico pari a zero, ma ciò non bastava ancora. Mezzi pubblici? Manco a pensarci: all’epoca raggiungere con i mezzi pubblici le Dolomiti dalla Bassa Padana richiedeva il tempo oggi necessario per il volo Cacamucazzu (NU) – Melbourne (a causa di trenidimerda, autobusdimerda, oraridimerda e quant’altro), e in più l’ultimo tratto era da percorrere a piedi in mezzo alla neve (il “global warming” non era ancora stato inventato).
Il gruppo era radunato in una bettola d’infimo ordine per annegare lo sconforto nel vino quando Gianni, uno di noi, sbottò: “Io un’idea ce l’avrei”. Colto da mistica illuminazione s’era ricordato che il padre lasciava ammuffire una vetusta Ariane - ancora in grado (forse) di marciare - in una stalla di periferia. Era senza bollo - non ancora “tassa di possesso” ("Ehi, gente: se la Stradale mi becca paga la cassa comune, chiaro?" precisò il buon Gianni) - e la RCA non era ancora obbligatoria, per cui manco era assicurata (beata incoscienza giovanile!).
Eseguimmo l’ispezione: tinta bicolore grigio e blu elettrico, sedili e rivestimenti un skai color cacca d'ornitorinco, però sei posti comodi e bagagliaio grande come una fossa biologica condominiale c’erano! Incredibile a dirsi il micropropulsore - dopo mezz’ora d’espressioni tipiche venete, sbraitate dagli ispettori e vietate ai minorenni - s’avviò, tossicchiando, ma s’avviò. Aprimmo con deferenza il cofano anteriore e rimasi esterrefatto: date le dimensioni del propulsore, piazzandoci sopra un piano di Eternit (materiale cha già all’epoca accoppava un sacco di gente ma nessuno se n’accorgeva), lo spazio tra questo e il coperchio avrebbe formato un altro vano idoneo a trasportare generi resistenti al calore (laterizi, cemento in sacchi, letame in secchi, scorie nucleari, proiettili all'uranio impoverito, eccetera).
Il problema era risolto, salvo che alla partenza ci fu una rissa perché tutti volevano occupare i due posti accanto al guidatore, Gianni. Infatti l’aspetto più seducente della macchina erano il divanetto anteriore (divanetto unico, non poltroncine!), il cambio al volante e l’assenza delle monumentali consolle centrali che caratterizzano le vetture d’oggi e che i costruttori riempiono di comandi i quali non si capisce a che servano. Davanti ci si poteva veramente stare in tre, e comodi! Quindi decidemmo, per evitare un bagno di sangue, di fissare dei turni. Giovani aficionados di AdM, credetemi: viaggiare in tre davanti dava una sensazione unica! Ti sembrava di vivere in un “Road Movie” americano con accompagnamento musicale di Jimi Hendrix e bottiglia di "Jack Daniel’s" nel cassettino. Adesso solo la “Multipla” potrebbe darti simili sensazioni, se la magia di quell’epoca non fosse tramontata... e poi anche la “Multipla” è un’AdM.
Su strada ghiacciata, nonostante la trazione posteriore, il ponte rigido e le balestre, l’Ariane era molto sicura. E te credo! Con quel peso e con quella potenza da ramarro rachitico non poteva permettersi il cosiddetto “sovrasterzo di potenza”: neanche volendo si riusciva a farla slittare, e i copertoni erano normali, mica chiodati! Riguardo ai freni, a tamburo e considerato il peso a pieno carico, non c’era verso che bloccassero le ruote, meglio che avere l’ABS. In definitiva una vacanza memorabile, grazie anche all’Ariane.
Ecco, ci sono ricaduto: parlando d’una AdM genuina come poche (SIMCA, un marchio, una garanzia!), ne ho tessuto le lodi. Sarà che, per natura, sono portato a vedere il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto.”

Recensione inviata da Luciano De Dionigi di Padova

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