
La scatola ferrosa
Ecco quindi nascere il Pony, una piccola scatola ferrosa con le ruote presentata in una cripta di Salonicco. Il catorcio era stato progettato sulla base della 2CV Citroën, ma con evidenti spunti di originalità costruttiva e stilistica. Non a caso le salde basi professionali legate allo sviluppo del Pony potevano riassumersi nel motto operaio che ridondava nei capannoni Namco: “Scusa, che ore sono?”. L’essenzialità e l’approssimazione degli assemblaggi piacque così tanto ai francesi che non poterono fare a meno di stipulare un accordo con Namco per la realizzazione di un modello
ancora più sopraffino made by Citroën, il FAF: “Facile à fabriquer - Facile à financer”. Ciò lasciava intuire molto sulla modalità costruttiva alla “cazzo di cane” di questa vettura. Pensata principalmente per i Paesi del Terzo Mondo e quelli in via di sviluppo, la Citroën FAF riusciva ad essere più elementare della già cavernicola Citroën Méhari, con prestazioni ancora più sconcertanti della sua gemella, dovute ad un peso maggiore del corpo in ferro.
Nonostante l'obiettivo principale fosse quello di introdurre un'auto low cost in Paesi, sicuramente poveri, ma no fess’, la FAF non riuscì nell'impresa perché le popolazioni africane si sentirono discriminate dal fatto di poter disporre di un'auto di seconda scelta (a dir poco). Rispetto agli 800 esemplari francesi, alla Namco andò decisamente meglio, riuscendo a produrre quasi 30.000 Pony e ad esportarli, aiutandosi dal logo Citroen sul cofano (Citroen Pony), in tutto il mondo, Stati Uniti compresi.

Nonostante l'obiettivo principale fosse quello di introdurre un'auto low cost in Paesi, sicuramente poveri, ma no fess’, la FAF non riuscì nell'impresa perché le popolazioni africane si sentirono discriminate dal fatto di poter disporre di un'auto di seconda scelta (a dir poco). Rispetto agli 800 esemplari francesi, alla Namco andò decisamente meglio, riuscendo a produrre quasi 30.000 Pony e ad esportarli, aiutandosi dal logo Citroen sul cofano (Citroen Pony), in tutto il mondo, Stati Uniti compresi.
Altre razze del Pony
Il Pony era il mezzo più economico e più resistente sul mercato, dopo il trattore. In molti cercarono di seguire l’esempio greco (cosi come la stessa Citroen con la FAF, da cui non ne derivava - contrariamente a come erroneamente riportato da altri testi - sai che culo!) dando il via ad un mega incrocio di muli sterili tra cui figurano lo Yagàn cileno, il Baby Brousse prodotto in Iran e Costa d’Avorio, il Dalat vietnamita, il Fiberfab Sherpa tedesco, il VanClee Mungo belga e la Teilhol Tangara francese.
La prima generazione di Namco Pony (Pony-Citroën) è stata prodotta fino al 1983, dopo questa data farà la sua comparsa un modello completamente nuovo, il Super Pony,
questa volta senza nessun legame con Citroën, ma con motori Ford dal 950 cc. al 1600 cc. benzina e diesel. Frutto di una collaborazione con una società tedesca, il super equino greco, non riuscì a cavalcare l’onda di successo del precedente stallone limitandosi a riprodursi in poche centinaia di esemplari, ma continuando a confezionare parecchi imballi di letame fino al 1995. Ufficialmente sembra che la produzione del Pony non si sia mai conclusa definitivamente e che qualche esemplare venga ancora seviziato nelle stalle Namco
Dovrebbe avviarsi la produzione della nuova generazione di «Pony» per mezzo di un investimento da completarsi nel 2014 e creare centinaia di posti di lavoro. Namco crollò dopo lo sciopero/occupazione della fabbrica di Salonicco, durato 4 mesi, per la richiesta di aumento degli stipendi del 35%. (New Pony 4), anche se l’azienda sembra al giorno d’oggi più interessata all’aprirsi una macelleria: perlomeno il Pony allo spiedo andrà sempre bene.


ANNUNCI DI MERDA: € 3.700
”Vendo Namco Citroen Pony del 1979 con 80.000 km. Totalmente restaurato con parabrezza ripiegabile su se stesso (come la carrozzeria tralaltro). Tettuccio in tela riparato con una sola cerniera ancora difettosa, provvederò a sostituirla con dei bottoni del pigiama, giuro!”